- 24 Maggio 2021
- Posted by: RSI
- Categoria: Ferrara Runner's School

Domenica 16 maggio le avventure Trail Experience sono ricominciate dopo la pausa Covid.
Prima uscita si va in Romagna, nei sentieri che circondano il bellissimo Borgo Medioevale di Brisighella!
Un bellissimo giro tra il Parco del Carnè e i calanchi!
Sono stati ben 46 gli allievi che hanno partecipato e 11 gli istruttori e aiuto istruttori impegnati per garantire il miglior supporto possibile ai nostri ragazzi!
Da segnalare la novità del gruppo Trekking che ha riscontrato un notevole successo!
Alla fine tutti contenti, magari un po’ stanchi ma sicuramente soddisfatti! Abbiamo ricominciato con il piede giusto!
E per non perdere le vecchie e belle abitudini ecco il racconto dell’uscita di Romano Sgarzi:
Pensavo che, siccome sono uno dei fortunati che ha continuato a fare più o meno una vita
normale, non avrei provato nulla; pensavo, siccome sono un orso che nella solitudine a volte
non ci sta male, che cominciasse a piacermi troppo questa solitudine; pensavo che, siccome
conosco poche persone, di non notare differenza. E invece è stata una bella sorpresa.
Sorprendentemente, il fatto di ritrovarmi lì ha travalicato i confini dell’ovvio e della normalità
rendendo il tutto piacevolmente surreale e nuovo. Quasi come se, prima, non fosse mai
successo. Ho osservato attentamente i colori, i volti, i sorrisi e anche rivisto e riconosciuto
persone. Sono ripartiti i passi e il rumore delle scarpe sulla strada, i riti naturali della
vestizione. Sì, c’era gioia in quei colori, in quelle voci e la paura in fondo al cuore di essermi
disabituato è improvvisamente scomparsa. Rimane il timore di lasciarmi andare, l’ebbrezza
spesso gioca brutti scherzi, e se fosse solo un sogno? E se domani ci richiudessero di nuovo
dietro le nostre porte dai cardini arrugginiti, così pesanti da aprire, a osservare il mondo da
uno spioncino e sobbalzare nervosi ad una bussata, ad un campanello inopportuno? Ma non ci
voglio pensare perché oggi sono qui, e sto respirando aria nuova e un po’ mi perdo e un po’,
piacevolmente, m’illudo su un nuovo inizio, una seconda possibilità. Perciò mi faccio
trascinare e presto mi ritrovo di nuovo sui sentieri, più affaticato ma certo più felice. Non mi
par vero. Si riprende. Le chiacchiere iniziali e poi, come per magia, il silenzio della corsa; il
fiato corto e il rumore dei passi sulla terra. Colline che li accolgono, questi passi, con la solita
cortesia con cui hanno accolto altri passi, di altre persone, per secoli e secoli. E oggi pare
vogliano correre tutte con noi, risvegliate da un’eccitazione che
vibra su note che possono
sentire, anime nel vento che paiono indicarci il sentiero. E così parto col mio gruppo. Mi
sembra anche equilibrato. C’è sempre Ilaria, la gazzella della montagna, l’errore principale è
quello di volerla acchiappare perciò rinuncio da subito e rimango nelle retrovie, tranne che in
discesa, perché la discesa è irresistibile. Mi presentano il coach, Riccardo, sembra una persona
allegra e gentile, un po’ come il Riccardo di Gaber ma devi stare attento perché ti convince a
seguirlo e le salite si piegano al suo cospetto per poi risalire subito al tuo; Alessandra e Elisa,
due copparesi doc che sembrano fragili ma alla fine le ritrovi sempre davanti a te e non le hai
viste passare; Mariangela dal passo costante e inesorabile, come un orsetto con le Duracell,
non si scarica mai; poi c’è Andrea, un iron man che se lo vedi sudato vuol dire che si è lavato la
faccia, all’arrivo è già pronto per ripartire, poi gli spiegano che non è un triathlon e si calma e
Domenico, uno che ti sorprende con una salita da centometrista, lo vedi in cima che corre,
mentre a me sembra di andare su un tapis roulant. Arrivo arrancando, non ho più energie, ma
sono felice. E lo vedo anche sui volti dei successivi gruppi, la stessa contentezza, che stavolta
non è quella di aver realizzato chissà quale impresa ma credo che sia la felicità di sentirsi
liberi dopo tanto tempo. Una libertà
semplice, senza retrogusti filosofici; libertà di sorridere e
di ritrovarsi assieme. Sarà che l’età è dispettosa e si diverte a punzecchiare il cuore ma oggi i
calanchi me li porto dentro e li sento cambiare forma, erosi dalle emozioni a lungo sopite. La
fatica è già scomparsa da un pezzo, i sorrisi fanno recuperare in fretta. Manca il terzo tempo,
peccato, ma non si può avere tutto subito o si rischia l’indigestione. Così assaporo ancora un
po’ quei momenti: i calanchi romagnoli, il rosso della
Sulla fra il giallo delle ginestre; le nuvole
scure, il vento che scompiglia i pensieri e i suoni delle voci, mescolate, che sfumano in una
leggera eco e la montagna in silenzio la assorbirà per restituirla negli anni a venire a chi saprà
ascoltare. Grazie